LA POESIA E' POESIA: per la sonorità delle parole, per la compostezza formale, per l'essenzialità dei contenuti.
Intervista a Vito Sorrenti di Susanna Pelizza
La poesia, che ha come finalità "la ricerca del bello" e necessariamente risponde a quei canoni classici "universalmente validi e universalmente intellegibili" ha con Vito Sorrenti un significato del tutto particolare. Sappiamo tutti che, molto spesso, il giudizio poggia su contenuti personali, ma leggendo il frammento essenziale di Vito Sorrenti, non si può che ammirare quella liricità, quel contenuto universale che, come ritenevano gli antichi, è presente nelle cose e del quale ancora una volta, discende ciò che possiamo definire "poetico". Espressività da una parte, data dal linguaggio a volte scarno, dal tono confessionale che rappresenta il manifestarsi della vita stessa in un legame esclusivo e indissolubile, dall'altra la sonorità ermetica, tipica del frammento, il ritmo serrato, la natura propriamente fonosimbolica del tratto poetico. La poesia ha qui i temi, i suoi ambienti, i suoi personaggi: sono tratti da un'esperienza sofferta e vissuta, hanno quindi un "peso" e come tali non stilizzati in una "vuota chimera sperimentale". Diventano quindi, un "luogo letterario" di un progressivo ripiegarsi sulla propria visione sofferta che non imbocca la strada dell'astrazione. Ma per capire meglio questa poetica, ho posto all'autore alcune domande:
1) Come è nata questa sua propensione lirica, volta a "testimoniare" attraverso la sonorità delle parole? La mia poesia, in buona parte, è frutto dell'esperienza diretta e dell'osservazione attenta del reale. Nasce dall'esigenza, anzi dall'urgenza interiore di manifestare il mio stato d'animo davanti al dispiegarsi tragico della vita, davanti agli eventi drammatici e dolorosi che giorno dopo giorno si dipanano sotto i nostri occhi, davanti alle miserie umane che involvono il nostro vivere quotidiano. Al centro delle mie riflessioni vi sono gli avvenimenti più luttuosi che hanno sconvolto l'umanità negli ultimi decenni. E dunque, per me, testimoniare questi eventi, dare voce ai vinti, ai dolenti, agli emarginati, agli esclusi, esprimere lo strazio delle vittime dell'odio e della barbarie, denunciare il dolore nelle sue mille sfaccettature è divenuto nel corso degli anni una necessità assoluta. 2) Nelle sue opere sono presenti alcune forme classiche" di indubbio valore lirico: crede che da un'arte antica possa nascere un'arte moderna? Leopardi invitava allo studio e all'imitazione degli scrittori antichi, ritenendo che in loro affondassero le radici della vera poesia. Tutta l'arte antica è stata fonte d'ispirazione per la cultura occidentale. Poeti, romanzieri, drammaturghi, artisti, musicisti, pittori, scultori hanno attinto a piene mani a quella fonte. Io amo molto i classici. Mi hanno fatto compagnia e mi hanno dato conforto in vari momenti della vita, soprattutto i lirici greci e latini e il "poeta sovrano" Omero, nonché i grandi tragici Eschilo, Sofocle ed Euripide che, a mio modesto parere, rimangono gli altissimi e inimitabili mastri dell'espressione poetica. Ritengo, quindi, che chiunque si approcci all'ars poetica con qualche velleità, o vuole solamente risvegliare in sé e negli altri l'assopita coscienza morale, non possa prescindere dal giovarsi del patrimonio di arte, cultura, pensiero che ci hanno lasciato in dote i grandi artisti del passato, in primis gli autori greci e latini. 3) Tzvetan Todorov in "La letteratura è in pericolo", ha affermato che molti scrittori contemporanei sono portati ad ascoltare la voce del proprio io, dando vita ad una produzione letteraria autoreferenziale che spesso si dirige verso il solipsismo e nichilismo, secondo lei come si può scongiurare questo pericolo? A mio modo di vedere, il genio, la creatività, la sensibilità, l'immaginazione dello scrittore devono tendere all'anima dell'uomo, devono arrivare al cuore del lettore per scuoterlo, sferzarlo, carezzarlo, commuoverlo. In altri termini, la parola del letterato e soprattutto del poeta, deve indurre il lettore a confrontarsi con se stesso, a scrutare dentro la propria anima, a riflettere sulla propria vita, sulle proprie esperienze e sulla realtà che lo circonda. La letteratura dovrebbe essere finalizzata a dare il suo contributo per edificare un mondo migliore, più giusto, più solidale. I poeti dovrebbero tornare ad essere "i non riconosciuti legislatori del mondo", come ebbe a dire il grande poeta inglese Percy Bysshe Shelley . Se la letteratura non è volta a fornire modelli di vita, se non è volta a infondere valori e ad educare al senso della bellezza e del vero, se non è volta a perseguire il giusto, allora viene meno al suo ruolo. 4) Viviamo in un'epoca del Talk-show, del Grande Fratello, della letteratura spettacolo e della politica spettacolo: non ci sono punti di riferimento, né grandi correnti letterarie come in passato, ma soprattutto non ci sono più grandi dibattiti sulla poesia, come nel periodo in cui era in vita Ungaretti. Pensa che in questo momento la poesia sia importante e perché? Mi verrebbe da rispondere che viviamo in un'epoca segnata da un inarrestabile declino economico, politico, sociale, morale e culturale che la politica spettacolo e la letteratura spettacolo con i loro Talk-show e le loro Isole, i loro Grandi Fratelli e i loro "pacchi", hanno contribuito a determinare. I mass media sono troppo occupati a difendere posizioni indifendibili o a dare spazio al gossip del bunga bunga o di altre magnificenze del genere, per potersi dedicare alla letteratura, scoprire e divulgare gli autori più meritevoli, organizzare dibattiti. Ma nonostante ciò e nonostante la crescente indifferenza, il disimpegno generalizzato e il contesto di estremo degrado spirituale in cui viviamo, se la poesia riuscirà a svolgere quelle funzioni che ho testé elencato, non potrà non continuare a germogliare ed ad avere la sua importanza, perché i semi della poesia sono ovunque e ognuno di noi, nel corso della sua vita, ne ha bisogno per nutrire la propria anima. 5) Nell'epoca del relativismo, la sua poesia è importante, secondo me, per due ragioni: la prima è che cerca di abbattere il muro dell'indifferenza con un senso corale che spinge alla partecipazione collettiva, la seconda è che dal punto di vista stilistico, non dimentica il recupero delle forme classiche, come elementi analitici di sperimentazione sonora. Nelle ultime sue opere, i riferimenti a figure mitologiche, quanto hanno influito su di lei? Lo scopo che mi prefiggo di raggiungere attraverso le mie composizioni e in modo particolare mediante i "Trittici", gli "Amebei" e i "Corali", è quello di rappresentare al meglio gli accadimenti tragici che hanno funestato il nostro tempo, per indurre il lettore alla riflessione, alla meditazione e soprattutto a mantenere viva la memoria dei mali che hanno sconvolto l'umanità a noi contemporanea. Quindi il recupero delle forme classiche, peraltro innovate nella trama dialogica, nell'architettura metrica e nell'impaginazione, insieme ai riferimenti ad alcune figure mitologiche quali Niobe, simbolo del dolore materno inconsolabile, Ecuba, Orfeo, Euridice, Medea ecc., mi consentono di farlo, a mio modesto parere, nel modo migliore e più efficace. 6) Pensa sia possibile un'integrazione tra poesia e prosa senza cadere nell'equivoco, nel pericolo di un abbassamento di tono, nonché di una perdita di stile? Penso di sì. A mio parere tutto è legato alla qualità degli autori. Vi sono pagine di prosa che non hanno assolutamente nulla da invidiare alla migliore poesia e svolgono la loro funzione in modo eccellente. Penso, per fare un esempio, all'"Addio ai monti" di Lucia (cap. VIII del romanzo di Alessandro Manzoni "I Promessi Sposi"), o all'altrettanta famosa pagina del cap. XXXIV dello stesso romanzo, che ha come incipit: "Scendeva dalle soglie..." . Ricordo ancora,, nonostante siano trascorsi molti anni, la commozione che provai leggendole, mentre non ricordo di aver provato alcun moto del cuore leggendo, nel corso degli anni, migliaia di poesie di autori rinomati. 7) Molti scrivono poesie: ma molta poesia, purtroppo, è destinata a rimanere invenduta. Secondo lei perché? I motivi sono molti, qui tento di riassumere quelli che ritengo siano i più importanti. La poesia non è un "prodotto" che può essere letto come un articolo de "La Gazzetta dello Sport" o di un qualsivoglia rotocalco. La poesia, per essere compresa e gustata appieno, va letta, riletta e meditata. E molti potenziali lettori, nell'era del "mordi e fuggi", del "tutto e subito", "dell'usa e getta", non hanno né tempo, né voglia di farlo. Inoltre è necessario per chi si accinge a leggere un libro di poesie che sia nello stato d'animo giusto per poterle gustare al meglio. Infatti, vi sono componimenti che letti in un momento della vita non ci dicono niente, mentre in un altro ci schiudono mondi, ci rivelano misteri. E ciò, a mio parere, è dovuto al fatto di essere più o meno predisposti a quel tipo di lettura in quel determinato momento. Poi bisogna tener conto del fatto che la poesia non è fonte di profitto per le case editrici per cui le stesse fanno poco per promuoverla; e si sa che con la promozione pubblicitaria vanno a ruba anche le cose più assurde e inutili, mentre senza rimangono sconosciuti ai più anche i prodotti di qualità più elevata. A ciò va aggiunto il fatto che ogni anno vengono pubblicati migliaia di volumi, moltissimi dei quali di scarso interesse, e per l'eventuale acquirente diventa difficile districarsi nella giungla delle opere per trovare quella di qualità, vuoi perché chi dovrebbe aiutarlo nella scelta, ossia i critici, spesso sono di parte o fanno della critica spicciola, fornendo dei giudizi a volte eccessivamente positivi e a volte eccessivamente negativi; e quindi, davanti al rischio di spendere il proprio denaro e il proprio tempo per acquistare e leggere un'opera di scarso valore, molti preferiscono andare sul sicuro ossia acquistano volumi di poeti contemporanei affermati o si rivolgono ai così detti classici. Susanna Pelizza |