Premio Cultura "Adriano Angelo Gennai" 2009
Centro d'Arte Coreografica "Aglaia"
Vito Sorrenti nasce a Polia (VV) il 27.7.1952. Ha pubblicato i libri di poesie "Gocce d'amore" (1994); "Vagando con la mente" (2002) e "Poesie" (2008). Collabora con le riviste "Alla bottega" e "Le Muse". Sue composizioni sono apparse su riviste e giornali, altre sono incluse in varie antologie. È presente nel Dizionario degli Autori italiani del Secondo Novecento e figura con numerosi aforismi nei volumi "La brevità speculare" e "Il lotto delle reliquie". Innumerevoli i Premi vinti a livello nazionale e internazionale. Uomo di grande rettitudine morale, signorile nei modi, colto e sensibile, ama intensamente la Poesia con cui nutre l'animo per gran parte del suo tempo libero; i risultati conseguiti con le sue liriche di significato profondo sono eccellenti; "la sua disposizione innata di schierarsi sempre dalla parte dei più deboli e il desiderio di dar voce ai vinti, ai dolenti, agli esclusi, agli emarginati" gli ha permesso, nel corso degli anni, di farci prezioso dono di splendide poesie di notevole spessore. Il Centro d'Arte Coreografica "Aglaia" Premio "Nicola Mirto" 2009, quest'anno, ha voluto attribuirgli il Premio Cultura "Adriano Angelo Gennai" "per alti meriti poetici" e vuole ricordare la sua nobile figura di Poeta attraverso stralci di recensioni di chi di lui, a lungo, ha scritto.
Per la Giuria: La Presidente Prof.ssa Finella Mirto
Anno 2002 "AMEBEO PER LA PACE" Poesia stupenda, complessa nel suo linguaggio ben strutturato e privo di speculazioni retoriche, di immagini sensazionali, di mirabolanti giochi d'effetto. In questi versi si avverte un sentimento di dolore, di stupore di fronte a tanto orrore e il poeta diventa Profeta, Messaggero, Cantore, non di gesta eroiche ma di un evento drammatico che lo grava di una grande responsabilità verso quella Umanità affranta, delusa, sconvolta... Nell'andamento rapsodico di questa lirica s'alternano sentimenti contrastanti di dolore, di rassegnazione, di lotta, di preghiera...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2003 "CORALE DELL'ASTIO E DEL DOLORE" In questa magnifica lirica si avverte un movimento drammatico di forte temperamento che sprigiona, in tutta la sua forza, dall'animo del Poeta, che certo, non è facile ad abbandoni lirici dettati dalla sola pura estetica ed esteriorità verbale, né persegue quei cedimenti romantici e talvolta crepuscolari che esprimono un dolore ed una amarezza interiore senza risoluzione. Il poeta domina perfettamente i suoi sentimenti, e l'atmosfera che si respira è piena di turbamento, mai però "minaccioso e concitato"...
Il poeta, pellegrino nella storia della tragedia e del dolore umano, "sente per il dolore della folla miserabile la suprema, l'ineffabile maternità dell'amore"...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2004 "TRITTICO DEL LUTTO" In questi magnifici versi introduttivi si avverte la forza evocatrice della parola, sostenuta, da "sentetiae graves" (pensieri profondi), e si avverte, nondimeno una concinnitas (disposizione armonica) dei versi, dove "numerus non causa quaesitus est" (dove il ritmo non è volutamente ricercato) ma parte integrante dello stato d'animo del poeta. Il poeta usa "vis verbi" (la forza della parola) per descrivere il suo stato d'animo, usando e dosando sapientemente i "gradus sonorum" (le gradazioni cromatiche del suono), pur di raggiungere il cuore dell'uomo (cordis persequendi), affinché prenda coscienza dell'urlo "del sangue innocente"... Si percepisce ora "quandam duritatem in verbis" (una certa durezza nelle parole), ma esse non sono un costrutto artificioso, è la voce del poeta che "erompe straziata dalle dolenti macerie". I livelli ritmici di questa lirica sono molteplici, tante quante sono le modulazioni dell'anima, lo stesso "colore" del suono, del timbro, varia col variare dello stato d'animo del poeta, pur mantenendo una profonda struttura simmetrica delle parti, un'unica voce corale, in un trasparente contrappunto intercalato dalla monodia che è rivelazione del drammatico esodo dell'uomo all'interno della storia... La solitudine del poeta è estrema, e questa lirica, sofferta nel proprio cuore, nasce da quel "silenzio carico di tutti i silenzi" (Cresti), perché è "un silenzio in fiamme" (Cresti). Ora, il poeta, chino sulla croce delle miserie umane, prega ed invita alla preghiera tutta l'umanità, perché ora, più che mai, c'è bisogno di verità, di dialogo, di libertà, di fiducia, di ascesi, di tenerezza...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2004 "AMEBEO PER EURIDICE" Qui domina incontrastata la dimensione del dramma... Lo stile del poeta sottostà ad una complessità sperimentale linguistica che si evolve di volta in volta, senza mai scadere in eccessi lessicali e retorici; la sua poesia si presenta sempre originale, dotata di un elegante equilibrio delle parti, in una "classica compostezza di stile" che non pecca di "eccessi di intellettualismo" fine a se stesso; il suo è sempre e comunque un vero canto dell'anima e i suoi versi poggiano su quella "dimensione della memoria" tanta cara ad Ungaretti, a Quasimodo, e a molti poeti del nostro Novecento trascorso. La sua poesia si apre ad una nuova dimensione comunicativa che va al di là di ogni arida esercitazione linguistica. Egli comunica un messaggio, prodotto di un sofferto "percorso esperienziale" che trova la sua "fons" et il "culmen" nelle regioni più profonde dello Spirito e che diventa un "percorso da testimoniare".
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2004 "CORALE PER I LUOGHI DOLENTI" ... il tessuto melodico e armonico si stende in un crescendo di intensità espressiva, in uno spazio solenne e drammatico allo stesso tempo. L'autore dà prova di conoscere molto bene lo "strumento linguistico" poetico e letterario, con una padronanza non comune del lessico, riuscendo così a dare alla parola una sua peculiare forza interna, una musicalità perfettamente percepibile, che emerge in modo particolare nella lettura verbale di questa lirica. In questo modo, il linguaggio poetico del nostro artista assume una dimensionalità "metafisica" che rimanda a sentimenti interiori ed emozioni che ci sconvolgono, che ci lasciano pieni di stupore, e che allo stesso tempo ci interrogano sul piano di una feconda meditazione esistenziale. L'itinerario poetico, dunque, segue il preciso schema della "funzione drammatica"... qui si intrecciano stati d'animo, vicende drammatiche, lutti, sofferenze, miseria, popoli oppressi da regimi dittatoriali, guerre, qui "erompe" — in tutta la sua tragicità — "lo strazio / e il grido di aiuto delle anime dilaniate". In questo senso possiamo dire che gioca un ruolo fondamentale la dialettica antitetica di speranza e disperazione, luce e tenebre, vittoria e sconfitta, oppressi ed oppressori, vita e morte. Il Poeta esprime, seppur in modo compartecipato, una umanità che va in frantumi e descrive, con parole forti, senza "ermetiche chiusure", il dato realistico, quello che è sotto gli occhi di tutti, che ci allontana, nolenti o volenti, dallo sperare in una pace feconda, vera e duratura. Dunque nessun nichilismo, nessuna "attesa deviata", solo il canto di un poeta pellegrino, come Dante, nell'Inferno di una umanità senza più valori, senza più diritto; pellegrino attraverso le mille ulcerazioni dell'animo umano, per aprire un varco ancora possibile che coinvolga l'umanità in una riflessione, in una meditazione, non opprimente e oscura ma carica di messaggi autentici, di nuovi valori, invitando l'uomo a riflettere e a non dimenticare i mali della storia, per costruire un mondo migliore dove tornino ad essere una esigenza ontologica la Speranza, la Luce...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2005 "AMEBEO PER I BAMBINI DI BESLAN" Di fronte al "sacrificio delle anime pure" (Bollea), il poeta è sconvolto, inarcato su se stesso, dal dolore e dallo strazio che lo ha trafitto e continua a trafiggerlo ogni volta che "il tragico grido del sangue trafitto si incurva, s'inarca e si raggela nel petto". La tragedia di Beslan ha colpito, turbato, sconvolto tutti. Come si può uccidere un bambino, tanti bambini innocenti? Sta qui il compito dello Scrittore, sta qui anche il compito del Poeta, un "compito profetico", come più volte ho già detto, che ci riveli le insidie del "deserto dell'anima" ma allo stesso tempo ci additi, contro ogni speranza, "la terra promessa" dove sia possibile riscattare così tante sofferenze e tragedie che abbiamo vissuto e incontrato lungo il sentiero del deserto della vita.
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2005 "TRITTICO DEL DEGRADO E DELL'ODIO" Il poeta mette a nudo i mali del nostro tempo; una realtà tragica, che infligge ai più deboli e agli innocenti "abusi e sadici strazi", che senza alcuna pietà, neanche dei bambini, "affonda i suoi rostri nelle prede inerti". Il tono, che ne consegue, accenta la lirica in ogni suo verso e rivela un dolore profondo che piaga "rosso sangue l'umano sgomento". Non sono esagerazioni tonali, né si tratta di espedienti letterari, volti ad una tecnica "iperespressiva", artificiosa; in questo "trittico del degrado e dell'odio" tutto è vero, nessuna convenzione letteraria, dunque, nessun artificio può generare versi così intensi, profondi e duri allo stesso tempo, per il solo gusto letterario; la ricchezza di "immagini del dolore" e del dramma apre scenari sconvolgenti a cui nessuno può sottrarsi, si tratta di immagini che scorrono davanti agli occhi di tutti ogni giorno e sono immagini che non possono essere ridotte nelle anguste "proporzioni del dramma" perché appartengono alla realtà. Il Poeta ha il dovere di parlare all'uomo come artista e come profeta... il poeta ci scuote fin dal più profondo della nostra anima, ci mette di fronte alla realtà del male e dell'odio, e questa lirica diventa un messaggio che deve aprire ed interrogare la nostra coscienza... per rendere l'uomo sempre più consapevole della tragedia umana, del "degrado e dell'odio" in cui versa il mondo.
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2006 "SEQUENZE DI FEROCIA" Il nostro autore usa volutamente una metrica equilibrata, in un gioco perfetto di simmetrie e rispondenze, le stesse immagini seguono un preciso percorso nella "disposizione delle parti" e ne risulta una coralità fatta di costanti variazioni tonali, che esprimono bene e senza eccessi emozionali il "linguaggio del dolore", che non deve mai risultare scomposto e alterato. In questo modo, il messaggio del poeta risulta forte ma soprattutto chiaro, senza eccedere mai verso una "violenza della realtà oggettiva", verso un'"ambiguità del simbolo oscuro ed inquietante" (Squarotti), poiché, nella notte del dolore e del dramma, c'è sempre la speranza di una rinascita... Il poeta descrive il dolore con versi profondi: "E l'anima si incrina e geme affranta per le piante falciate e i fiori appassiti" come Ungaretti nei versi: "Come questa pietra è il mio pianto che non si vede". Di fronte a questo destino di sofferenza, di angoscia e di afflizione, l'autore ha ancora la forza di lanciare una supplica perché l'umanità esca dal "silenzio apocalittico" per incamminarsi verso un "silenzio aurorale" e lo fa attraverso un pulpito privilegiato, quello della Poesia, perché il mondo ritrovi una "visione pacificante" dell'umanità, dove tutto ciò che ora è morte torni ad essere Vita...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2006 "TRITTICO DELLA TEMPESTA" ... effetto di ammirato stupore in un lettore del 2006, disabituato e sempre basito, provoca il ritrovato gusto per la forma e la cura per il linguaggio, sempre utilizzato con eleganza, senza profittare della ricercatezza, con sobrietà nelle combinazioni. Aggettivi a iosa per rendere pulsante il ritmo e comunicare angoscia; trascelti i verbi per riflettere condizioni talora inesprimibili. L'uso sapiente e costante delle liquide, lungo tutto il componimento, scioglie la lettura e aiuta in musicalità il verso.
Di contro si annoda nello sconforto l'animo del lettore a cui vengono inviate scene, create con abilità, oserei dire pittorico-espressionistiche. La tavolozza di Munch presta i propri sofferti colori al verso. Chiara metafora di un animo stravolto da eventi incontrollabili che siffatti amplificano la solitudine e l'impotenza dell'uomo. Ciò mi sembra mirabilmente descritto in una delle strofe del trittico: "E urlano gli occhi / misericordie d'amore / per le care creature / e le anime insepolte". Montale recupera il senso nei rapporti umani, nel ricordo del valore-coraggio trasmessogli dalla moglie, immensa fiducia in un legame unico ed irripetibile. Il nostro poeta invece allude a qualcosa di più della fiducia che quasi per definizione sembra possa essere tradita, egli si rifà ad una grande fede, porto a cui, sembra suggerire la penultima strofa, l'uomo dovrebbe fare ritorno. Per la Giuria: Poetessa Edvige Galbo
Anno 2007 "AMEBEO PER ADUT" Il componimento è metricamente rigoroso quanto emotivamente toccante. Rispetta perfette simmetrie ed investe sulla ricercatezza lessicale ma la liricità dei contenuti resta vibrante, non si fa prigioniera dello schema da seguire, si impone liberamente al lettore commuovendolo. L'uso insistito della "r" suscita tensione ed intrecciandosi a quello, altrettanto costante, della "t", che rende dura l'intonazione, precipita in un ritmo marziale, foriero di "speranze stritolate". Gli scenari cruenti vengono ritratti in inusitate metafore. (...)
Per la Giuria: Poetessa Edvige Galbo
Anno 2008 "LA NEVE E LO SCEMPIO" Nell'abile intreccio delle quartine, il Poeta, maestro nel produrre sensazioni ed emozioni in chi legge, evoca, fra empietà, strazio e domande senza risposta, uno dei drammi più terribili del nostro tempo. E lo fa con l'atteggiamento di un padre dolce, di un uomo buono, sbigottito, quasi disorientato, come tutti noi d'altronde, di fronte ad episodi raccapriccianti e di sconcertante brutalità.
Per la Giuria: Dott. Gregorio Napoli
Anno 2008 "LA NEVE E LO SCEMPIO" Come in una tela espressionistica si mescolano sinistri i colori... Il registro linguistico è elevato e sfuma in immagini raffinate per ricreare una regione poetica incontaminata dal "chiacchiericcio anonimo" giornalistico che svende su testate di cronaca il più atroce dei delitti. La lirica consegna al lettore il precipitare degli eventi e l'epifania della catastrofe in un vortice di voci, segnate dallo sgomento; i toni si mantengono sulla soglia del descrittivo, non indugiano voyeuristicamente sull'orrore perché rispettano e meditano.
Il poeta esprime lo sbigottimento dinanzi al vuoto di senso della parola "madre" se questa può trasformarsi in assassina, e infine porta l'animo del lettore a commozione ricordandogli che fu sempre quello il nome che "ogni implume declina per primo, che alberga nel cuore di ogni pulcino, che dolce risuona sulla bocca di ogni bambino".
Per la Giuria: Dott.ssa Edvige Galbo
Anno 2009 "CORALE PER LE VITTIME DEL LAVORO" Il reale, che si ripete quotidianamente macchiato di sangue e di ingiustizie, assume in questa lirica la valenza di una tragedia umanitaria, sottolineata da una voce fuori campo, che insiste sul perenne strazio dell'animo umano. Solo la preghiera è salvifica in un mondo in cui il fato sembra coincidere con la "razza" rapace ed ancora razzista. La perizia stilistica ed il raffinato uso di figure retoriche avvalorano la tragicità quasi catartica del testo.
Per la Giuria: Prof.ssa Maria Messina
Anno 2009 "COMPIANTO" L'Autore manifesta una grande sensibilità nei confronti dei temi di scottante attualità e prima ancora nei confronti del dolore degli uomini, e non solo perché, come rese noto Terenzio, l'uomo non può sentire come estraneo ciò che è anch'esso umano ma perché Sorrenti ha l'animo del Poeta che non può rassegnarsi ai fotogrammi televisivi, i quali imprigionano nello schermo la disgrazia e la scacciano fuori dalle nostre case come una rassicurante estraneità che mai ci tocca dentro. Il nostro Poeta patisce l'alterità inassimilabile della morte, anche se lontana ed apparentemente impersonale, stendendo versi di denuncia che ovunque risuonano come le "campane dolenti" di "Compianto".
Per la Giuria: Dott.ssa Edvige Galbo
Per la Giuria: La Presidente Prof.ssa Finella Mirto
Anno 2002 "AMEBEO PER LA PACE" Poesia stupenda, complessa nel suo linguaggio ben strutturato e privo di speculazioni retoriche, di immagini sensazionali, di mirabolanti giochi d'effetto. In questi versi si avverte un sentimento di dolore, di stupore di fronte a tanto orrore e il poeta diventa Profeta, Messaggero, Cantore, non di gesta eroiche ma di un evento drammatico che lo grava di una grande responsabilità verso quella Umanità affranta, delusa, sconvolta... Nell'andamento rapsodico di questa lirica s'alternano sentimenti contrastanti di dolore, di rassegnazione, di lotta, di preghiera...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2003 "CORALE DELL'ASTIO E DEL DOLORE" In questa magnifica lirica si avverte un movimento drammatico di forte temperamento che sprigiona, in tutta la sua forza, dall'animo del Poeta, che certo, non è facile ad abbandoni lirici dettati dalla sola pura estetica ed esteriorità verbale, né persegue quei cedimenti romantici e talvolta crepuscolari che esprimono un dolore ed una amarezza interiore senza risoluzione. Il poeta domina perfettamente i suoi sentimenti, e l'atmosfera che si respira è piena di turbamento, mai però "minaccioso e concitato"...
Il poeta, pellegrino nella storia della tragedia e del dolore umano, "sente per il dolore della folla miserabile la suprema, l'ineffabile maternità dell'amore"...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2004 "TRITTICO DEL LUTTO" In questi magnifici versi introduttivi si avverte la forza evocatrice della parola, sostenuta, da "sentetiae graves" (pensieri profondi), e si avverte, nondimeno una concinnitas (disposizione armonica) dei versi, dove "numerus non causa quaesitus est" (dove il ritmo non è volutamente ricercato) ma parte integrante dello stato d'animo del poeta. Il poeta usa "vis verbi" (la forza della parola) per descrivere il suo stato d'animo, usando e dosando sapientemente i "gradus sonorum" (le gradazioni cromatiche del suono), pur di raggiungere il cuore dell'uomo (cordis persequendi), affinché prenda coscienza dell'urlo "del sangue innocente"... Si percepisce ora "quandam duritatem in verbis" (una certa durezza nelle parole), ma esse non sono un costrutto artificioso, è la voce del poeta che "erompe straziata dalle dolenti macerie". I livelli ritmici di questa lirica sono molteplici, tante quante sono le modulazioni dell'anima, lo stesso "colore" del suono, del timbro, varia col variare dello stato d'animo del poeta, pur mantenendo una profonda struttura simmetrica delle parti, un'unica voce corale, in un trasparente contrappunto intercalato dalla monodia che è rivelazione del drammatico esodo dell'uomo all'interno della storia... La solitudine del poeta è estrema, e questa lirica, sofferta nel proprio cuore, nasce da quel "silenzio carico di tutti i silenzi" (Cresti), perché è "un silenzio in fiamme" (Cresti). Ora, il poeta, chino sulla croce delle miserie umane, prega ed invita alla preghiera tutta l'umanità, perché ora, più che mai, c'è bisogno di verità, di dialogo, di libertà, di fiducia, di ascesi, di tenerezza...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2004 "AMEBEO PER EURIDICE" Qui domina incontrastata la dimensione del dramma... Lo stile del poeta sottostà ad una complessità sperimentale linguistica che si evolve di volta in volta, senza mai scadere in eccessi lessicali e retorici; la sua poesia si presenta sempre originale, dotata di un elegante equilibrio delle parti, in una "classica compostezza di stile" che non pecca di "eccessi di intellettualismo" fine a se stesso; il suo è sempre e comunque un vero canto dell'anima e i suoi versi poggiano su quella "dimensione della memoria" tanta cara ad Ungaretti, a Quasimodo, e a molti poeti del nostro Novecento trascorso. La sua poesia si apre ad una nuova dimensione comunicativa che va al di là di ogni arida esercitazione linguistica. Egli comunica un messaggio, prodotto di un sofferto "percorso esperienziale" che trova la sua "fons" et il "culmen" nelle regioni più profonde dello Spirito e che diventa un "percorso da testimoniare".
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2004 "CORALE PER I LUOGHI DOLENTI" ... il tessuto melodico e armonico si stende in un crescendo di intensità espressiva, in uno spazio solenne e drammatico allo stesso tempo. L'autore dà prova di conoscere molto bene lo "strumento linguistico" poetico e letterario, con una padronanza non comune del lessico, riuscendo così a dare alla parola una sua peculiare forza interna, una musicalità perfettamente percepibile, che emerge in modo particolare nella lettura verbale di questa lirica. In questo modo, il linguaggio poetico del nostro artista assume una dimensionalità "metafisica" che rimanda a sentimenti interiori ed emozioni che ci sconvolgono, che ci lasciano pieni di stupore, e che allo stesso tempo ci interrogano sul piano di una feconda meditazione esistenziale. L'itinerario poetico, dunque, segue il preciso schema della "funzione drammatica"... qui si intrecciano stati d'animo, vicende drammatiche, lutti, sofferenze, miseria, popoli oppressi da regimi dittatoriali, guerre, qui "erompe" — in tutta la sua tragicità — "lo strazio / e il grido di aiuto delle anime dilaniate". In questo senso possiamo dire che gioca un ruolo fondamentale la dialettica antitetica di speranza e disperazione, luce e tenebre, vittoria e sconfitta, oppressi ed oppressori, vita e morte. Il Poeta esprime, seppur in modo compartecipato, una umanità che va in frantumi e descrive, con parole forti, senza "ermetiche chiusure", il dato realistico, quello che è sotto gli occhi di tutti, che ci allontana, nolenti o volenti, dallo sperare in una pace feconda, vera e duratura. Dunque nessun nichilismo, nessuna "attesa deviata", solo il canto di un poeta pellegrino, come Dante, nell'Inferno di una umanità senza più valori, senza più diritto; pellegrino attraverso le mille ulcerazioni dell'animo umano, per aprire un varco ancora possibile che coinvolga l'umanità in una riflessione, in una meditazione, non opprimente e oscura ma carica di messaggi autentici, di nuovi valori, invitando l'uomo a riflettere e a non dimenticare i mali della storia, per costruire un mondo migliore dove tornino ad essere una esigenza ontologica la Speranza, la Luce...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2005 "AMEBEO PER I BAMBINI DI BESLAN" Di fronte al "sacrificio delle anime pure" (Bollea), il poeta è sconvolto, inarcato su se stesso, dal dolore e dallo strazio che lo ha trafitto e continua a trafiggerlo ogni volta che "il tragico grido del sangue trafitto si incurva, s'inarca e si raggela nel petto". La tragedia di Beslan ha colpito, turbato, sconvolto tutti. Come si può uccidere un bambino, tanti bambini innocenti? Sta qui il compito dello Scrittore, sta qui anche il compito del Poeta, un "compito profetico", come più volte ho già detto, che ci riveli le insidie del "deserto dell'anima" ma allo stesso tempo ci additi, contro ogni speranza, "la terra promessa" dove sia possibile riscattare così tante sofferenze e tragedie che abbiamo vissuto e incontrato lungo il sentiero del deserto della vita.
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2005 "TRITTICO DEL DEGRADO E DELL'ODIO" Il poeta mette a nudo i mali del nostro tempo; una realtà tragica, che infligge ai più deboli e agli innocenti "abusi e sadici strazi", che senza alcuna pietà, neanche dei bambini, "affonda i suoi rostri nelle prede inerti". Il tono, che ne consegue, accenta la lirica in ogni suo verso e rivela un dolore profondo che piaga "rosso sangue l'umano sgomento". Non sono esagerazioni tonali, né si tratta di espedienti letterari, volti ad una tecnica "iperespressiva", artificiosa; in questo "trittico del degrado e dell'odio" tutto è vero, nessuna convenzione letteraria, dunque, nessun artificio può generare versi così intensi, profondi e duri allo stesso tempo, per il solo gusto letterario; la ricchezza di "immagini del dolore" e del dramma apre scenari sconvolgenti a cui nessuno può sottrarsi, si tratta di immagini che scorrono davanti agli occhi di tutti ogni giorno e sono immagini che non possono essere ridotte nelle anguste "proporzioni del dramma" perché appartengono alla realtà. Il Poeta ha il dovere di parlare all'uomo come artista e come profeta... il poeta ci scuote fin dal più profondo della nostra anima, ci mette di fronte alla realtà del male e dell'odio, e questa lirica diventa un messaggio che deve aprire ed interrogare la nostra coscienza... per rendere l'uomo sempre più consapevole della tragedia umana, del "degrado e dell'odio" in cui versa il mondo.
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2006 "SEQUENZE DI FEROCIA" Il nostro autore usa volutamente una metrica equilibrata, in un gioco perfetto di simmetrie e rispondenze, le stesse immagini seguono un preciso percorso nella "disposizione delle parti" e ne risulta una coralità fatta di costanti variazioni tonali, che esprimono bene e senza eccessi emozionali il "linguaggio del dolore", che non deve mai risultare scomposto e alterato. In questo modo, il messaggio del poeta risulta forte ma soprattutto chiaro, senza eccedere mai verso una "violenza della realtà oggettiva", verso un'"ambiguità del simbolo oscuro ed inquietante" (Squarotti), poiché, nella notte del dolore e del dramma, c'è sempre la speranza di una rinascita... Il poeta descrive il dolore con versi profondi: "E l'anima si incrina e geme affranta per le piante falciate e i fiori appassiti" come Ungaretti nei versi: "Come questa pietra è il mio pianto che non si vede". Di fronte a questo destino di sofferenza, di angoscia e di afflizione, l'autore ha ancora la forza di lanciare una supplica perché l'umanità esca dal "silenzio apocalittico" per incamminarsi verso un "silenzio aurorale" e lo fa attraverso un pulpito privilegiato, quello della Poesia, perché il mondo ritrovi una "visione pacificante" dell'umanità, dove tutto ciò che ora è morte torni ad essere Vita...
Per la Giuria: M° Adriano Angelo Gennai
Anno 2006 "TRITTICO DELLA TEMPESTA" ... effetto di ammirato stupore in un lettore del 2006, disabituato e sempre basito, provoca il ritrovato gusto per la forma e la cura per il linguaggio, sempre utilizzato con eleganza, senza profittare della ricercatezza, con sobrietà nelle combinazioni. Aggettivi a iosa per rendere pulsante il ritmo e comunicare angoscia; trascelti i verbi per riflettere condizioni talora inesprimibili. L'uso sapiente e costante delle liquide, lungo tutto il componimento, scioglie la lettura e aiuta in musicalità il verso.
Di contro si annoda nello sconforto l'animo del lettore a cui vengono inviate scene, create con abilità, oserei dire pittorico-espressionistiche. La tavolozza di Munch presta i propri sofferti colori al verso. Chiara metafora di un animo stravolto da eventi incontrollabili che siffatti amplificano la solitudine e l'impotenza dell'uomo. Ciò mi sembra mirabilmente descritto in una delle strofe del trittico: "E urlano gli occhi / misericordie d'amore / per le care creature / e le anime insepolte". Montale recupera il senso nei rapporti umani, nel ricordo del valore-coraggio trasmessogli dalla moglie, immensa fiducia in un legame unico ed irripetibile. Il nostro poeta invece allude a qualcosa di più della fiducia che quasi per definizione sembra possa essere tradita, egli si rifà ad una grande fede, porto a cui, sembra suggerire la penultima strofa, l'uomo dovrebbe fare ritorno. Per la Giuria: Poetessa Edvige Galbo
Anno 2007 "AMEBEO PER ADUT" Il componimento è metricamente rigoroso quanto emotivamente toccante. Rispetta perfette simmetrie ed investe sulla ricercatezza lessicale ma la liricità dei contenuti resta vibrante, non si fa prigioniera dello schema da seguire, si impone liberamente al lettore commuovendolo. L'uso insistito della "r" suscita tensione ed intrecciandosi a quello, altrettanto costante, della "t", che rende dura l'intonazione, precipita in un ritmo marziale, foriero di "speranze stritolate". Gli scenari cruenti vengono ritratti in inusitate metafore. (...)
Per la Giuria: Poetessa Edvige Galbo
Anno 2008 "LA NEVE E LO SCEMPIO" Nell'abile intreccio delle quartine, il Poeta, maestro nel produrre sensazioni ed emozioni in chi legge, evoca, fra empietà, strazio e domande senza risposta, uno dei drammi più terribili del nostro tempo. E lo fa con l'atteggiamento di un padre dolce, di un uomo buono, sbigottito, quasi disorientato, come tutti noi d'altronde, di fronte ad episodi raccapriccianti e di sconcertante brutalità.
Per la Giuria: Dott. Gregorio Napoli
Anno 2008 "LA NEVE E LO SCEMPIO" Come in una tela espressionistica si mescolano sinistri i colori... Il registro linguistico è elevato e sfuma in immagini raffinate per ricreare una regione poetica incontaminata dal "chiacchiericcio anonimo" giornalistico che svende su testate di cronaca il più atroce dei delitti. La lirica consegna al lettore il precipitare degli eventi e l'epifania della catastrofe in un vortice di voci, segnate dallo sgomento; i toni si mantengono sulla soglia del descrittivo, non indugiano voyeuristicamente sull'orrore perché rispettano e meditano.
Il poeta esprime lo sbigottimento dinanzi al vuoto di senso della parola "madre" se questa può trasformarsi in assassina, e infine porta l'animo del lettore a commozione ricordandogli che fu sempre quello il nome che "ogni implume declina per primo, che alberga nel cuore di ogni pulcino, che dolce risuona sulla bocca di ogni bambino".
Per la Giuria: Dott.ssa Edvige Galbo
Anno 2009 "CORALE PER LE VITTIME DEL LAVORO" Il reale, che si ripete quotidianamente macchiato di sangue e di ingiustizie, assume in questa lirica la valenza di una tragedia umanitaria, sottolineata da una voce fuori campo, che insiste sul perenne strazio dell'animo umano. Solo la preghiera è salvifica in un mondo in cui il fato sembra coincidere con la "razza" rapace ed ancora razzista. La perizia stilistica ed il raffinato uso di figure retoriche avvalorano la tragicità quasi catartica del testo.
Per la Giuria: Prof.ssa Maria Messina
Anno 2009 "COMPIANTO" L'Autore manifesta una grande sensibilità nei confronti dei temi di scottante attualità e prima ancora nei confronti del dolore degli uomini, e non solo perché, come rese noto Terenzio, l'uomo non può sentire come estraneo ciò che è anch'esso umano ma perché Sorrenti ha l'animo del Poeta che non può rassegnarsi ai fotogrammi televisivi, i quali imprigionano nello schermo la disgrazia e la scacciano fuori dalle nostre case come una rassicurante estraneità che mai ci tocca dentro. Il nostro Poeta patisce l'alterità inassimilabile della morte, anche se lontana ed apparentemente impersonale, stendendo versi di denuncia che ovunque risuonano come le "campane dolenti" di "Compianto".
Per la Giuria: Dott.ssa Edvige Galbo