I derelitti
(2015)
Presentazione di Susanna Pelizza
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Al di là del controcanto e del contrappunto, la polifonicità mira all'unità del suono. L'orchestrazione nei Trittici, porta avanti e arriva ad un'idea di base che sostiene e sviluppa l'interno lirico. L'io del poeta è una forza energetica sonora che dispone le parole non dentro un contenuto espressivo-affabulatorio, ma dentro una frammentarietà controllata da un senso che sta all'origine di tutto, a priori rispetto qualsiasi discorso: "Osservare le foglie gialle / osservare le foglie secche / osservare le foglie morte / che svolazzano nell'aria / o macerano nell'acqua / m'infonde nel petto / una musica mesta / che m'attrista l'anima" (da Osservare le foglie" op. cit.) L'effetto iterativo e il suono allitterante conclusivo, rendono questa poesia molto speciale, per la mancanza di effetti corrosivi del senso e per la ricerca equilibrata di una compostezza formale che richiama echi sonori antichi. La de/sublimata epopea dei vinti, collocati in un preciso contesto storico, quello attuale della nostra epoca, visti attraverso l'ottica espressiva di un linguaggio crudo ma colto, povero ma cadenzato da sonorità latenti, non viene descritta attraverso un linguaggio filosofico né prosodico: non rinuncia cioè a quei "preziosismi" (come l'apocope, l'iperbato, l'allitterazione, l'assonanza ecc.) che sono i "reperti" o "forme arcaiche" con cui si scongiura l'anatema del postumo e del post-moderno, configurandosi come innovativi rispetto al sistema di comunicazione convenzionale e allo stile post-neoavanguardia. La reazione alla cultura dello sperimentalismo è nella "riattivazione" di questi "reperti", portati avanti per controbilanciare il peso della cruda parola. Dicevamo due binari: da una parte l'espressività, dall'altra la forza prorompente del canto aulico, l'aggancio, cioè ad uno schema tradizionale che Vito Sorrenti, in tutta la sua vita non ha mai abbandonato.
Forme passate intervengono a sostenere la forza dirompente di una poetica che ha ancora molto da dire a livello culturale, da trasmettere a livello cognitivo come in "Sui viali del Parco" "Al cupo ronzar del libeccio /odo il fremer delle fronde / sulle cime più alte / e mi sovviene / il lamento dei vecchi / appesi ai rami della vita". La sonorità data dall'apocope, che sembra riprodurre per effetto onomatopeico il movimento del vento e dell'albero, si arresta in quel verso "mi sovviene" che ci riporta all'infinito Leopardiano ("mi sovviene l'eterno e le morti stagioni") ma alla dimensione astratta, eterea, del Leopardi qui si contrappone lo strazio presente dei vecchi simbolicamente trasformati nelle foglie. L'autore con questa silloge, illumina lo "strazio", la sofferenza degli ultimi, i Derelitti, e lo fa seguendo la scultura del corpo metrico, in tempi moderni in cui manca una critica edificante, trasformata, molto spesso, nella gadameriana fusione di orizzonti, dove l'esigenza di significare è stata sovvertita dal bisogno di comunicare, dove la progettualità è stata trasformata nel desiderio di immediatezza e improvvisazione, da un empirismo che risematizza gli stessi concetti di centro e periferia, insomma, in un periodo in cui si perdono le verità definitive, Sorrenti più che sperimentare il disincantamento del mondo (Max Weber) ricerca quella conoscenza che proviene dal sapere.
Susanna Pelizza
Susanna Pelizza è nata a Roma dove è residente. Dopo la laurea in Lettere ha collaborato con diverse riviste letterarie. Alcuni articoli sulla poesia sono apparsi su Nuova Impronta, Il Club degli Autori, L'Attualità, La Nuova Tribuna Letteraria, Penna d'Autore, Orizzonti, Le Muse.
Susanna Pelizza
Susanna Pelizza è nata a Roma dove è residente. Dopo la laurea in Lettere ha collaborato con diverse riviste letterarie. Alcuni articoli sulla poesia sono apparsi su Nuova Impronta, Il Club degli Autori, L'Attualità, La Nuova Tribuna Letteraria, Penna d'Autore, Orizzonti, Le Muse.